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RECENSIONI   /   cinema   /   Safe House – Nessuno è al sicuro

(mercoledì, 7 marzo 2012)

Che Denzel Washington fosse “un’ottima mela marcia” lo avevamo capito fin da Training Days, e lo aveva capito anche l’Academy Awards che gli assegnò un Oscar proprio per quell’interpretazione. In Safe House si ripete proprio quel tipo di dialettica, l’incontro scontro fra agente “anziano” cinico e disilluso e prima leva, giovane ambiziosa e idealista. Da un punto di vista attoriale il confronto fra Denzel Washington e Ryan Reynolds è davvero improbo per quest’ultimo. Quello che salva Reynolds in questo caso è proprio la sua faccia anonima da persona qualunque, la sua presenza sullo schermo così latitante da impedirgli di riuscire ad essere un vero eroe. Tutto quello che fa sembra quasi sempre una questione di buon senso piuttosto che di carattere. In fondo i due protagonisti a loro modo sono una “strana coppia” e questo fa funzionare il film.

Un’altra cosa che davvero funziona in Safe House è la qualità dell’azione. La trama non è del resto particolarmente nuova o avvincente: tutto quanto ruota intorno a un McGuffin o “oggetto del desiderio” e non c’è davvero molto altro. Pur essendo un film d’azione Safe House non insegue un tipo di azione estetica o “stilosa”. Le sequenze di inseguimento sono lunghe e spesso dall’esito catastrofico. Le scene di lotta sono brevi, sporche e brutali. Le scene di morte sono brutte e di solito non vengono risparmiate. Curiosamente il regista sceglie di non mostrare le uccisioni stile “esecuzione”, ma si dilunga sull’uso di armi meno convenzionali. Dal punto di vista della regia le inquadrature sono tutt’altro che scontate, come ad esempio in un “uscita dalla finestra” ripresa dall’alto e il montaggio è serrato ed efficace.

In poche parole, assolutamente consigliabile.

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