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scrittura   /   Come nasce un romanzo: Lo sguardo inatteso – 2

(venerdì, 1 gennaio 2016)

Proseguiamo nel nostro percorso su come è nato Lo sguardo inatteso, non perché questo sia il paradigma della nascita del romanzo perfetto o (tantomeno) di un’opera “letteraria”, ma per entrare meglio nel processo creativo. Nell’articolo precedente siamo arrivati appena a concepire l’idea di intraprendere un cammino verso la stesura del romanzo,  ma non siamo arrivati a dire cosa sia questo romanzo, di cosa parli, quali siano i personaggi, le loro azioni, i loro conflitti, insomma i loro pathos. In altre parole non ci siamo fatti una sola domanda. Qui è la chiave di questo articoletto: per iniziare un romanzo bisogna farsi cento domande. Avevo già accennato alla solitudine dello scrittore o della scrittrice, e di come questi siano costretti a risolversi i problemi – tutti molto concreti – di scrittura nel più completo isolamento. Un vecchio adagio consiglia di non rivelare un’idea per un romanzo nemmeno al parente più stretto, perché un’idea è il bene più prezioso. Non importa che l’idea sia buona o cattiva, perché non esistono di per sé idee cattive, anche se il loro sviluppo può esserlo. In un mondo perfetto il furto di idee non dovrebbe avere diritto di cittadinanza, ma purtroppo il mondo in cui viviamo perfetto non è, quindi  meglio stare sempre con gli occhi bene aperti.

Questo non vuol dire che non si possa sviluppare un’idea in un team o anche solo in coppia. Il lavoro di squadra mi è capitato soprattutto in ambito teatrale, in modo particolare per la preparazione dei saggi di fine anno al Nuovo Teatro San Paolo, ed è un processo molto interessante, anche perché si parte da dati molto concreti: quanti sono i partecipanti al laboratorio, quanti maschi, quante femmine e la loro distribuzione per età. Spesso è complicato scegliere un testo già edito perché in generale gli uomini sono sempre pochi e la maggior parte dei testi teatrali hanno personaggi prevalentemente maschili (e qui si potrebbe aprire una riflessione molto interessante), e di conseguenza è molto più semplice produrre un testo nuovo. La lavorazione procede per “brainstorming” (letteralmente “tempesta di cervelli”) e ognuno produce una o più idee che vengono discusse. Alcune sono bocciate immediatamente, altre vengono prese in considerazione e talvolta salta subito fuori quell’idea su cui si andrà effettivamente a lavorare. Una volta arrivati all’idea (per la quale può essere necessario un periodo di “riflessione” o di studio ulteriore da parte del team), si arriva alla stesura di uno schema di lavoro. In pratica, e a meno che non si scelga un adattamento di un testo già esistente, si articola l’idea in scene in cui si decide più o meno l’azione, e ciascun componente della squadra si prende in carico una o più scene per il lavoro individuale. La volta successiva le scene preparate (ciascuna da una sola persona) sono lette, commentate e messe a punto. Alla fine si arriva a una “chiusura”, a cura di un revisore finale che rende il testo più “compatto” in termini linguistici e di contenuto.

Naturalmente la preparazione di un testo teatrale è molto diversa rispetto alla stesura di un romanzo. Non “più complessa” o “più facile”, si badi bene, ma semplicemente diversa. Ci può essere meno libertà (considerando i dati di partenza: gli attori), ma questa concretezza di base può essere un aiuto rispetto all’illimitata libertà di un romanzo (luoghi, personaggi, situazioni, “scene” e “costumi”). Il procedimento iniziale può tuttavia essere simile. In poche parole, si segue una linea narrativa, con un abbozzo dei personaggi e del loro sviluppo (o del loro non sviluppo: come nella vita vera alcune persone non cambiano).

Così sono nati i primi elementi di Dafne, di Kendra (che è un’idea totalmente di Irma, io non c’entro praticamente niente), di Akira Nishida e di tutti gli altri personaggi più o meno importanti, i loro ambienti di riferimento e le loro professioni: da semplici domande. Chi sono? Che aspetto hanno? Cosa fanno, cosa sperano di ottenere? Questo è il potere delle domande, e da una domanda nascono mondi. Per uno scrittore la capacità di farsi domande è fondamentale e lo può portare davvero lontano. Cosa fare però di tutti gli elementi, che possono sembrare anche casuali, che sono nati da queste domande? Questo è l’argomento del prossimo capitolo nel nostro viaggio all’interno de Lo sguardo inatteso.

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un commento

  • Come nasce un romanzo: Lo sguardo inatteso – 3 | Mauro Corso, attore e scrittore
    il 25 gennaio 2016 alle 13:11 ha scritto:

    [...] se non è complicato è comunque un punto di passaggio che attraversano tutti gli scrittori. Nel secondo articolo abbiamo iniziato a prendere un’idea e a svilupparla. In questo caso l’abbiamo [...]

 

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