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scrittura   /   Come scrivere una scena di sesso convincente

(lunedì, 14 maggio 2012)

(La fotografia “Who wanna be free?” è di Stefano Corso, alcuni diritti riservati)

Descrivere la sessualità in letteratura è sempre un affare molto complicato. Ormai il pericolo più grande non è più -ovviamente- la censura o la riprovazione da parte dei lettori per essere stati troppo audaci, ma più semplicemente, il senso del ridicolo. Nel 1993 la rivista britannica Literary Review ha istituito un premio annuale dedicato al “cattivo sesso nella letteratura di finzione” (bad sex in fiction award). Naturalmente si tratta di un premio tutt’altro che prestigioso, è una specie di “razzie” della letteratura, una sorta di certificazione per il trash per delle descrizioni che nonostante tutto restano comunque di una certa delicatezza. La giuria di questo premio non prende di mira scene individuali peraltro, ma cerca di individuare il tono generale di tutto un romanzo. L’edizione del 2011 aveva una rosa di una dozzina di candidati, tra i quali spiccavano Stephen King e Haruki Murakami. Il vincitore è stato David Guterson per Ed King, una rivisitazione del mito di Edipo in chiave moderna. Bisogna dire che il rischio di trash in un’operazione di questo genere era già particolarmente alto, ma leggendo le motivazioni della Literary Review, la ragione del premio è molto più chiara.

Bersaglio della critica è una famigerata scena tra madre e figlio (non si può dire che l’autore non se la sia cercata) e il passaggio che a quanto pare ha davvero orientato la giuria è stato “she took him by the wrist and moved the base of his hand into her pubic hair until his middle fingertip settled on the no-man’s-land between her ‘front parlour’ and ‘back door’ (those were the quaint, prudish terms of her girlhood)” (”lo prese per il polso e mise la base della sua mano tra i suoi peli pubici, finché la punta del dito medio non giunse in quella terra di nessuno fra ‘l’ingresso della bottega’ e ‘l’uscita posteriore’ (questi erano i termini pittoreschi e pruriginosi che lei usava da ragazza)”.

A fare davvero alzare il sopracciglio all’austera critica britannica è stata proprio questa precisazione tra parentesi da parte dell’autore. Proprio così: la parentesi non è una mia aggiunta ironica, fa parte del romanzo. Precisazione comunque che a parere della giuria non giustifica l’uso di parole il cui tono pittoresco è davvero improbabile, per non dire involontariamente comico. A questa frase possiamo aggiungere l’uso di dubbio gusto dell’espressione “gioielli di famiglia”, di gusto inequivocabilmente cattivo, visto che si tratta di un romanzo che parla di incesto. Viene precisato che quello che più ha colpito la giuria del premio non è stato di per sé l’uso di determinate espressioni, bensì l’incorerenza tra la presentazione di un protagonista simile a un dio del sesso e la resa maldestra e impacciata delle scene di sesso.

Quindi, tornando al problema principale, come si può scrivere una scena di sesso in maniera convincente? Il premio della Literary Review era stato istituito nel 1993 per constrastare la tendenza alla banalizzazione della sessualità in letteratura come mezzo per stupire, per colpire il lettore in maniera più o meno lecita e per fare parlare del proprio romanzo con scene più o meno hard, più o meno ardite.

Secondo la mia comprensione, una scena di sesso in letteratura, non è troppo differente da una scena di altro genere a livello funzionale. Dovrebbe cioè aggiungere qualcosa sulla comprensione che il lettore ha dei personaggi coinvolti, dovrebbe dire qualcosa del loro universo emotivo e non dovrebbe essere la semplice descrizione di prodezze meccaniche difficili da emulare. Il momento in cui descriviamo la stanza da letto di un personaggio non è troppo diverso dal momento in cui descriviamo quello che avviene dentro alla stanza da letto, se non per un dettaglio fondamentale. Nel secondo caso stiamo mostrando uno dei momenti più privati del nostro eroe o della nostra eroina, un momento in cui il nostro personaggio protagonista abbassa tutte le difese per mostrare davvero quello che è, senza schermi e senza vestiti, con tutte le sue inibizioni e imperfezioni. Per questo una scena di sesso può essere rivelatrice, e non nel senso strettamente letterale dell’espressione. Descrivere una scena di sesso tra due personaggi vuol dire fare entrare il lettore nella loro intimità: ogni sensazione viene amplificata e ogni singola parola, ogni singolo segnale viene automaticamente passato sotto uno stretto scrutinio: un solo termine sbagliato può fare passare dal serio al ridicolo, dal seducente al disgustoso. A meno che non ci si voglia prendere deliberatamente gioco dei personaggi, ma in generale, non è una cosa bella o nobile, a meno che il romanzo non sia una commedia grottesca. Non dico che non debbano esserci dei momenti “naturalistici” in cui magari diventa evidente la natura “goffa” del personaggio in questione, anzi direi che una sorta di piccolo equilibrio sia produttivo e renda la scena più spontanea, persino più gioiosa. In fondo uno dei momenti più toccanti del Canto V dell’Inferno dantesco è proprio quello in cui Francesca confessa “la bocca mi baciò tutto tremante”. In questo caso è l’uso dell’aggettivo “tremante” a dare all’episodio una particolare aura di tenerezza. Dante rinuncia a ogni pretesa di machismo da parte di Paolo rendendolo più vero e in fondo più accessibile.

Chiudo con una frase di Pasolini su cui è forse bene riflettere: “La libertà sessuale della maggioranza in realtà è una convenzione, un obbligo, un dovere sociale, un ansia sociale, una caratteristica irrinunciabile della qualità di vita del consumatore”.

Quali sono le vostre scene di sesso in letteratura più amate o più odiate?

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