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scrittura   /   Intervista a Martin Lastrapes, autore di Inside the outside

(martedì, 10 aprile 2012)

 

Martin Lastrapes

Ritratto di Martin Lastrapes

(For the english version of this article, you may click here)

Qualche tempo fa ho pubblicato una recensione entusiasta di Inside the outside, un romanzo indipendente scritto da un autore californiano (vive nella California meridionale, in una regione nota come Inland Empire), Martin Lastrapes. Poiché questo sito è dedicato alla scrittura e alle sue ramificazioni, credo possa essere interessante iniziare a intervistare qualche autore e vedere se è possibile scovare qualcosa, un’ispirazione, un piccolo input e perché no, magari anche qualche segreto del mestiere.
Per questa ragione ho proposto a Martin Lastrapes questa piccola intervista, pubblicata sia in italiano che in inglese (in realtà l’introduzione è diversa, ma questa è una scelta consapevole). Devo dire che Martin ha reagito con grande entusiasmo alla mia richiesta e mi ha dato molti incoraggiamenti per il mio sito e per il mio romanzo. Di quest’ultimo però parleremo in un altro momento.
Ho scoperto che Martin e suo fratello Greg stanno lavorando a un adattamento cinematografico di questo romanzo, e peraltro stanno usando come strumento di scrittura Scrivener, di cui avevo parlato qualche tempo fa. Greg Lastrapes sul suo blog racconta di questo processo di adattamento e nel momento in cui scrivo questo articolo esistono già tre diversi post sull’argomento (Parte I, Parte II e Parte III), che consiglio caldamente ai miei lettori. Trovo sempre molto interessanti i diari in cui gli scrittori parlano del funzionamento del loro processo creativo, ed è un tipo di lettura da non sottovalutare. Ora però veniamo all’intervista vera e propria.

  • A una prima occhiata il tuo romanzo parla di cannibalismo, ma a un secondo livello è evidente che si parla di qualcos’altro. Si potrebbe dire che Inside the outside parla del modo in cui si forma la nostra conoscenza del mondo?

Questa era assolutamente la mia intenzione. Sono affascinato dal modo in cui le persone diventano quello che sono, dalle forze che danno loro forma e costruiscono ciò in cui credono e la loro idea del mondo. La storia di Timber Marlow e di Divinity (ndr: la comunità in cui Timber cresce) è una metafora di quest’idea.

  • A parte la ricerca sulla tua regione, l’Inland Empire (esplicitamente menzionata), il tuo romanzo ha richiesto ricerche di altro genere?

Ho fatto numerose ricerche. In primo luogo ho dovuto fare delle ricerche sulle comunità autosufficienti, che sono comunità di persone che vivono al di fuori del controllo delle autorità, al di fuori della società così come noi la intendiamo. Divinity doveva essere per quanto possibile isolata e nascosta, per cui ho letto molti libri e articoli che mi hanno aiutato a costruire questa comunità immaginaria in modo da farla apparire plausibile ai lettori.

  • Secondo te qual’è la percezione del corpo umano nella società di oggi?

In America, il corpo umano è soprattutto un bene di consumo. Le celebrità che offrono la loro immagine alla stampa e alla pellicola e gli operai che offorno il loro lavoro fisico hanno una cosa in comune: l’idea che il corpo umano è un qualcosa che si può vendere e comprare. Credo che molte persone inconsciamente sentano una specie di mancanza di controllo del proprio corpo come se questo (e di fatto la loro vita) non gli appartenesse. Credo che questo possa contribuire a spiegare l’impressionante popolarità di tatuaggi e piercing.

  • A volte nel tuo romanzo anticipi intenzionalmente certe svolte narrative, a volte persino nel titolo del capitolo. Come mai hai fatto questa scelta?

Mi piacciono molto i titoli nei capitoli e credo che un buon titolo contribuisca a raccontare una storia. Ho usato i titoli per creare aspettative e tensione, in modo tale che i lettori, già prima di leggere la prima frase si sentano coinvolti.

  • Quali sono i tuoi libri/film horror preferiti?

In realtà non leggo molti romanzi horror tradizionali. Comunque ho letto molti romanzi di Stephen King. Credo che il mio preferito sia Shining. Molti autori che amo scrivono però “dark fiction” (ndr: Martin Lastrapes ha scritto un articolo molto interessante su questo concetto, cui vi rimando volentieri), come Chuck Palahniuk e Cormac McCarthy: Fight Club e La strada sono i miei libri preferiti. Per quel che riguarda i film, sono stato ossessionato da Nightmare e da Venerdì 13. Da adolescente amavo molto la serie di Hellraiser. Trovo che la serie Scream di Wes Craven sia meravigliosa e che anche se Questo non è un paese per vecchi non è un horror, mi ha spaventato quanto un horror tradizionale.

  • Come scrittore, hai delle abitudini, dei rituali che ti aiutano nella pratica quotidiana?

No, ma dovrei averne. Mi assegno il compito di scrivere qualcosa (qualunque cosa) ogni giorno, ma non ho abitudini particolari. Qualche volta passano giorni o anche settimane senza che scriva una riga. Quando questo succede però penso alla scrittura in continuazione; in particolare ai progetti a cui sto lavorando.

  • Come sta andando questa esperienza di auto pubblicazione?

Sta andando molto bene. Mi piace avere il controllo di ogni aspetto del mio libro, dalla copertina all’editing finale. Naturalmente questo vuol dire lavoro in più, ma è molto gratificante.

  • Pensi che un giorno ci sarà una traduzione in italiano di Inside the Outside?

Lo spero davvero!

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