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scrittura   /   Scrittura ed Etica (2): la donna nei media

(venerdì, 15 giugno 2012)

Probabilmente il nome Anita Sarkeesian non dirà nulla ai lettori di questo blog. Anita è una studiosa e critica di cultura pop. Il suo campo di interesse ricopre dunque tutta la gamma dei mezzi di comunicazione più recente, dalla cinema al fumetto, dalle serie televisive ai videogiochi. La sua prospettiva è femminista, cioè studia quei tipi di rappresentazione della donna che nel corso del tempo si sono trasformati in cliché e sono – obiettivamente – offensivi, grossolani e noiosi. Oltre tutto dimostrano da parte di chi li perpetua una grandissima pigrizia e sciatteria dal punto di vista della scrittura. Pubblica regolarmente video nel suo sito Feminist Frequency

Negli ultimi tempi Anita Sarkeesian è diventata un vero e proprio caso su Internet per un nuovo progetto il cui finanziamento si sta chiudendo proprio in queste ore (nel momento in cui scrivo questo articolo). In pratica Anita ha iniziato un progetto su Kickstarter, per effettuare una serie di video sulla rappresentazione della donna nei videogiochi contemporanei. Kickstarter è la popolare piattaforma in cui si può coinvolgere il pubblico a partecipare attivamente in un progetto. Si può offrire una somma libera e a seconda di quanto si offre si può ottenere qualcosa in cambio, da un semplice ringraziamento, fino a ricevere merchandise esclusivo, incontri con gli autori o con gli artisti creatori di un determinato progetto e via dicendo. La Sarkeesian aveva chiesto semplicemente 6.000 dollari per finanziare il suo progetto, e nel momento in cui questo articolo viene redatto il finanziamento ha superato i 140.000 dollari (nella foto è proprio lei a ringraziare i suoi 2.000 sostenitori. Il progetto si è concluso con ben 6.967 sostenitori e una raccolta di 158.917$). Nel frattempo, l’autrice ha subito uno dei più violenti attacchi su internet. I suoi video e la stessa pagina su Kickstarter ha iniziato a registrare un numero impressionante di commenti misogini e violenti, ha ricevuto numerose minacce di morte e di violenza (anche sessuale) e la sua pagina su Wikipedia è stata vandalizzata con immagini oscene, descrizioni denigratorie e link a siti pornografici (non vi preoccupate, al momento è tranquilla). Gli indizi sembrano indicare che non si tratta di una serie di attacchi sporadici, ma di una strategia ben coordinata, attuata da uno o più gruppi organizzati. Perché una serie in cui vengono mostrati gli stereotipi femminili nei videogiochi fa così paura e dà così fastidio? Non è facile dare una risposta. La serie “Tropes vs Videogames” è la continuazione ideale di “Tropes vs Women”, una serie articolata in sei episodi in cui vengono esaminati sei stereotipi femminili presenti nella cultura pop al giorno d’oggi. Vediamoli rapidamente (a ciascun titolo è allegato il link al video della serie).

  • Manic Pixie Dream Girl: è una donna un po’ folle e un po’ folletto. Ha un’unica funzione: fare uscire la propria controparte maschile da uno stato depressivo e spingerlo a salvare il mondo (a volte letteralmente). Tra gli esempi citati: Elizabeth Town, 500 days of summer e molti altri.
  • Women in the Refrigerator: Donne nel frigorifero. Il titolo è preso da un fumetto di Lanterna Verde in cui il supereroe ritorna a casa e trova la propria compagna nel frigorifero (letteralmente). In questo caso la morte di un personaggio femminile è un espediente narrativo per far andare aventi una storia e per rendere un eroe (maschile) più interessante e tormentato. Come nel caso della Gwen Stacy dell’Uomo Ragno. ()
  • The Smurfette Principle: o il principio della Puffetta. A volte nei media ci sono comunità a schiacciante maggioranza maschile che vedono un solo personaggio femminile, per giunta piuttosto stereotipato nell’aspetto e nell’atteggiamento. Cosa hanno in comune la Puffetta, Miss Piggy e Penny di The Big Bang Theory? Sono tutte bionde, attraenti (all’interno della loro specie) e… non particolarmente brillanti rispetto alle controparti maschili.
  • The Evil Demonic Seductress: la seduttrice diabolica. Pensate alla classica Femme Fatale e il gioco è fatto. Forse questo è uno degli stereotipi più velenosi, perché è stato nobilitato dal cinema noir e dalla letteratura horror. E’ anche il punto che ha bisogno di minori spiegazioni.
  • The Mystical Pregnancy: la Gravidanza Mistica. No, nonstiamo parlando del Cristianesimo. Nelle serie televisive degli ultimi venti anni, da X-Files a Xenia, Da Star Trek Generation a Fringe, molto spesso dei personaggi femminili sono sottoposti a “gravidanze accelerate”. Dal punto di vista della scrittura si tratta di procedimenti violenti e al limite del sadismo, in cui i fattori psicologici di tali eventi impossibili sono esaminati in maniera molto superficiale. La Sarkeesian sostiene, a ragione, che questo stereotipo è particolarmente.
  • The Straw Feminist: la femminista di carta (o di paglia, che dir si voglia). Questo forse è lo stereotipo più interessante, perché mira alla demonizzazione di una parola. Secondo questo stereotipo, una femminista non è più una donna che cerca di ottenere la parità dei diritti, ma una donna che vuole castrare tutti gli uomini, una pazza lunatica che non si ferma di fronte a niente per perseguire i propri scopi deliranti. Lo spossessamento di una parola è un atto particolarmente violento e manipolatore, per questo bisogna guardarsi da questa categoria con molta attenzione.

Vi consiglio caldamente di guardare tutti questi video. Hanno tutti i sottotitoli in inglese e alcuni hanno persino i sottotitoli in italiano. Credo che quando si operi nel mondo dei media, bisogna chiedersi qual’è il tipo di lavoro che stiamo facendo, quale tipo di interesse stiamo servendo e se per caso non stiamo danneggiando degli esseri umani solo per vendere di più o per avere più contatti su una pagina web. Credo anche che sia compito di chi scrive non cadere in questi stereotipi, piuttosto semplici e spesso di facile presa sul pubblico e farci delle domande. Per esempio possiamo (forse dobbiamo) chiederci se il personaggio femminile che abbiamo creato sia davvero un personaggio o piuttosto un espediente narrativo per ottenere qualcos’altro. Anita Sarkeesian parla anche del Test di Bechdel  sulla presenza di figure femminili in un mezzo di comunicazione. Per passare questo test, il mezzo espressivo deve soddisfare tre caratteristiche 1) Nella storia ci sono almeno due donne, dotate di nomi propri 2) che parlano tra loro 3) e l’argomento di conversazione non è un uomo. Il numero di film che non passano il test è semplicemente impressionante…!

 

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un commento

  • Scrittura ed etica (3): una donna non è un premio per l’eroe di turno | Mauro Corso, attore e scrittore
    il 8 marzo 2013 alle 9:36 ha scritto:

    [...] nelle serie televisive e, da ultimo, nei videogiochi. Per farvi un’idea potete vedere un articolo che avevo scritto all’epoca, in cui descrivevo in maniera sintetica una delle serie di video [...]

 

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